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CBD e ADHD

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CBD e Adhd

Disturbo da deficit di attenzione/iperattività (ADHD) e cannabinoidi


Gli estratti di Cannabis s. potrebbero essere un utile approccio terapeutico?
Numerose evidenze scientifiche dimostrano che il cannabidiolo (CBD) e il Delta9-tetraidrocannabinolo (noto anche come THC) possiedono un enorme potenziale terapeutico per il trattamento dell'ADHD (disturbo da deficit di attenzione/iperattività).
Il CBD e il THC sono i cannabinoidi meglio conosciuti. Sebbene entrambi siano estratti dalla pianta di Cannabis sativa, mostrano delle differenze importanti: il THC è psicotropo, mentre il CBD non ha effetti psicotropi. Inoltre, secondo le linee guida dell'OMS, il CBD è generalmente ben tollerato e mostra un ottimo profilo di sicurezza, in quanto non induce effetti collaterali frequenti o gravi.

Cos'è l’ADHD?


Il disturbo da deficit di attenzione/iperattività (Attention-Deficit/Hyperactivity Disorder, ADHD) è un disturbo del neurosviluppo, dovuto ad un anomalo sviluppo del sistema nervoso, presente fin dalla nascita o che può svilupparsi poco dopo la nascita. È caratterizzato da una scarsa capacità di attenzione, iperattività e comportamento impulsivo (Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, quinta edizione (Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders, Fifth Edition, DSM-5). Sebbene l'ADHD sia considerato un disturbo infantile, può passare inosservato e non essere diagnosticato fino al raggiungimento dell'adolescenza o dell'età adulta.
Di solito, i sintomi dell'ADHD vengono riconosciute prima dei 4 anni di età, ma possono non interferire in maniera significativa con la vita sociale o il rendimento scolastico fino agli anni della scuola media.
Sebbene il numero di bambini colpiti sia oggetto di valutazione, si stima che l'ADHD colpisca dal 5 al 15% dei bambini, con una maggiore frequenza (il doppio) nei bambini maschi (Oortmerssen et al., 2012).

ADHD: i principali sintomi


I sintomi dell'ADHD possono cambiare nel corso tempo, perciò la manifestazione del disturbo in età adulta può non essere la stessa di quella dell'infanzia. Ad esempio, l'iperattività di un bambino può diminuire ed essere sostituita da impulsività, irrequietezza e rischio di tossicodipendenza in età adulta (Anker et al., 2020).
Nei bambini, l'ADHD è caratterizzato da incapacità di mantenere l’attenzione e concentrazione per tempi prolungati e dall’incapacità di portare a termine un compito. Inoltre, i bambini affetti da ADHD possono mostrare iperattività e comportamenti impulsivi. I bambini con ADHD in età prescolare hanno spesso problemi di comunicazione e di interazione sociale, mentre a scuola, i bambini mostrano disattenzione, impulsività e tendono a parlare a sproposito. Nella seconda infanzia, questi bambini agitano continuamente le mani, muovono le gambe in modo irrequieto, parlano in modo impulsivo, tendono ad avere problemi di memoria (dimenticano facilmente) e non riescono ad organizzare le proprie attività (sono disorganizzati). Tuttavia, in genere non sono mai aggressivi.
Un'alta percentuale di bambini affetti da ADHD (20-60% circa) ha deficits di apprendimento, con problemi nelle capacità di lettura, scrittura e calcolo . I bambini colpiti spesso si comportano come se la loro mente fosse altrove e non ascoltassero. I compiti scolastici possono essere disordinati, caratterizzati da errori di mera distrazione. Frequentemente saltano da un compito incompleto a un altro, o spesso non seguono le richieste non portando, così a termini i compiti assegnati.
La maggior parte dei bambini ADHD può presentare anche sintomi caratteristici dei disturbi dell'umore, come depressione o ansia, e quando raggiungono l'adolescenza mettono in atto comportamenti e atteggiamenti oppositivi nei confronti di figure che rappresentano l’autorità (Biederman et al., 2010).
Negli adulti, i sintomi possono essere simili a quelli dei disturbi dell'umore o dei disturbi d'ansia, associati a difficoltà di concentrazione, irrequietezza, sbalzi d'umore, impazienza.

ADHD: le cause


Sebbene un a causa esatta dell'ADHD non sia ancora stata identificata, molto spesso esistono dei fattori genetici ereditari che possono predisporre allo sviluppo del disturbo. Gli studi scientifici suggeriscono che l'ADHD è probabilmente dovuto ad anomalie nella trasmissione degli impulsi nervosi le nella elaborazione delle informazioni all'interno del cervello (ad esempio alterazione nella trasmissione dopaminergica o del sistema endocannabinoide). Ad esempio studi clinici dimostrano che, negli adolescenti con ADHD, esistono delle varianti nel gene che codifica per i recettori CB1 (Lu et al., 2008). Inoltre, i recettori CB2 sono stati associati ad altri disturbi psichiatrici, come schizofrenia, depressione (Onaivi et al., 2008) e disturbo bipolare (Ishiguro et al., 2010; Minocci et al., 2011; Onaivi et al., 2008; Tong et al., 2013).
Altri fattori di rischio potrebbero essere rappresentati da un basso peso al momento della nascita (meno di 1,5 Kg), avere avuto traumi cranici o infezioni cerebrali, la carenza di ferro, l'esposizione al piombo o altri metalli pesanti, e l'esposizione ad alcol, tabacco o cocaina durante la gravidanza. L'ADHD può anche essere associata ad eventi traumatici vissuti durante l'infanzia, come violenze o abusi.
Alcuni ricercatori ipotizzano che, tra gli altri fattori che potrebbero contribuire all'insorgenza dell'ADHD, potrebbero esserci anche l'esposizione agli additivi alimentari e ad elevati quantitativi di zucchero contenuti nei dolci o nelle bibite.

ADHD: come si cura


Le principali strategie terapeutiche si basano sulla terapia comportamentale (condotta da uno psicologo infantile) e/o la somministrazione di farmaci psicostimolanti. I farmaci aiutano perlolpiù ad alleviare i sintomi, consentendo ai bambini di partecipare più facilmente alle attività fuori e dentro la scuola. La terapia combinata (comportamentale e farmacologica insieme) viene applicata soprattutto ai bambini più piccoli, mentre la sola terapia comportamentale può essere sufficiente per la gestione dei bambini in età prescolare.
L'approccio farmacologico si basa sulla somministrazione di farmaci psicostimolanti. Il metilfenidato e altri farmaci simili alle anfetamine sono gli psicostimolanti più efficaci e più frequentemente prescritti (Spencer et al., 1996). Tuttavia, questi farmaci inducono effetti collaterali che includono disturbi del sonno, riduzione dell'appetito, mal di testa, mal di stomaco, aumento della frequenza cardiaca e della pressione sanguigna, depressione, tristezza e ansia.
Questi effetti collaterali scompaiono nel momento in cui il farmaco viene sospeso. Tuttavia, se somministrati in dosi massicce e per lungo tempo, gli stimolanti possono rallentare la crescita dei bambini, che può continuare anche in età adulta, e soprattutto presentano il rischio di indurre dipendenza (Solanto, 1998; 2000).
Altri farmaci utilizzati per trattare i sintomi della disattenzione e comportamentali associati all’ADHD sono l'atomoxetina (un farmaco non stimolante per l'ADHD), altri farmaci tipicamente utilizzati per il trattamento dell’ipertensione, gli antidepressivi e gli ansiolitici.
In base all'Individuals with Disabilities Education Act (IDEA), le scuole pubbliche sono tenute a fornire un'istruzione gratuita e adeguata ai bambini e agli adolescenti con ADHD. In particolare, l'istruzione deve essere fornita nel contesto meno restrittivo e più inclusivo possibile. Pertanto, i bambini devono avere tutte le opportunità di interagire con coetanei non disabili e di avere uguale accesso alle risorse della comunità scolastica.

Cannabinoidi e ADHD: qual è la correlazione?


Come detto, è crescente il numero delle evidenze scientifiche che suggeriscono che i fitocannabinoidi CBD e THC possiedano proprietà terapeutiche utili per il trattamento dell'ADHD. Come per altri disturbi mentali, quali ansia, disturbo post-traumatico da stress (PTSD), disturbo ossessivo-compulsivo e disturbi dello spettro autistico, i dati clinici indicano che i cannabinoidi possono essere degli strumenti terapeutici veramente validi.
Un recente studio clinico, il trial EMA-C (Experimental Medicine in ADHD-Cannabinoids), ha valutato gli effetti del Sativex Oromucosal Spray (un farmaco antispastico contenente cannabinoidi e utilizzato per il trattamento della Sclerosi Multipla) in 30 adulti con ADHD (Cooper et al., 2017). Questo studio ha dimostrato che il Sativex ha migliorato i sintomi dell'ADHD in quanto ha diminuito la manifestazione dei sintomi tipici dell’ADHD come l'iperattività/impulsività e migliorato la disattenzione.
Da un ulteriore studio che ha coinvolto 2811 soggetti, è emerso che le persone che non facevano uso di cannabis avevano una maggiore probabilità di avere una diagnosi di ADHD, suggerendo che i cannabinoidi possono avere un potenziale terapeutico per il trattamento dell'ADHD (Loflin et al., 2014)
Nonostante diversi studi preclinici e clinici suggeriscano che il trattamento a base di cannabinoidi possa essere un valido approccio nel trattamento dell’ADHD, il meccanismo alla base dei potenziali effetti terapeutici dei cannabinoidi in questo disturbo non è ancora noto. Si è ipotizzato che i cannabinoidi possano potenziare la trasmissione dopaminergica (Bossong et al., 2015, Bossong et al., 2009, Voruganti et al., 2001), che si ritiene sia il meccanismo principale attraverso il quale anche gli psicostimolanti riducono i sintomi dell'ADHD e migliorano le prestazioni cognitive dei pazienti (Leonard et al., 2004). Tuttavia, potrebbero essere coinvolti altri meccanismi, tra cui la modulazione dei recettori dei cannabinoidi e del sistema endocannabinoide in generale (Canseco-Alba et al., 2022). Un numero sempre maggiore di studi condotti su modelli preclinici di ADHD sembra confermare questa ipotesi, confermando quanto emerso dagli studi clinici. È evidente che ulteriori studi siano necessari al fine di svelare come i cannabinoidi “lavorino” nel trattamento dell’ADHD e noi siamo sintonizzati in attesa di nuovi sviluppi per condividerli con voi, quindi… Seguiteci e alla prossima!

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